Categories
Animali

L’Avvoltoio di Rueppell, l’uccello che vola piu’ in alto

Un avvoltoio di Rueppell insanguinato durante un pasto. Collo e testa hanno poche piume affinché sangue, interiora e materia fecale non aderiscano troppo quando l’avvoltoio affonda il capo in una carcassa.

Gli avvoltoi solitamente agiscono al calar delle tenebre alla ricerca di carogne, il loro piatto preferito.

Questi grandi uccelli, che vicono in Africa e che hanno una apertura alare di circa 2 metri e mezzo, per trovare una carogna possono volare, senza grande fatica, anche per 150 chilometri. Infatti, riescono a farsi sospingere dall’aria per tantissimi kilometri dopo aver raggiungere altezze incredibili: pensate che qualche decennio fa, uno di questi pennuti si e’ scontrato con un aereo di linea a 11000 metri di quota!

L’avvoltoio di Ruepper e’ l’uccello che vola piu’ in alto di tutti gli altri pennuti.

 

Categories
Mare Motori

Al Polo in Volo verso la Nave Rompi-ghiaccio

I passeggeri dell’elicottero incrociano la nave rompi-ghiaccio su cui dovranno vivere per 6 settimane.

Siamo al Polo e, in questo periodo dell’anno. e’ ancora presnete la notte polare: i proiettori della nave sono cosi’ ben visibili nell’oscurità.

Si riescono a vedere benissiamo anche le fessure che separano gli enormi blocchi di ghiaccio gli uni dagli altri .

Cosa e’ una Rompighiaccio?

Una rompighiaccio o nave rompighiaccio è una nave appositamente studiata per navigare in mari, laghi o fiumi ghiacciati.

Lo scopo di questo speciale tipo di nave, destinata a rompere la crosta di ghiaccio che si forma nei laghi, nei mari e nei porti delle regioni fredde, e’ soprattutto quello di facilitando la navigazione alle altre navi/

Capace di navigare dove le navi usuali non possono spingersi, è dotata di un apparato propulsore molto potente, di uno scafo corazzato, rotondeggiante e levigato a chiglia piatta.

La prua, molto inclinata e robusta (con spessori fino a 5 cm), permette alla nave rompi-ghiaccio di scivolare sopra la lastra di ghiaccio, rompendola con il peso della nave stessa.

Categories
Attualità Guerra

Ramadi, Iraq: Una famiglia sfuggita all’ISIS, vive tra le macerie di un complesso residenziale

Ramadi, Iraq, 14 Luglio 2016 – Foto di Moises Saman per MAGNUM

Una famiglia sfuggita all’ISIS, vive tra le macerie di un complesso residenziale di Ramadi in Iraq.

Descrizione della Foto “Ramadi, Iraq” di Moises Saman

Questa fotografia, scattata da Moises Saman, e’ una fotografia forte, sia a livello estetico che emotivo.

La luce è bella e i colori stupendi e riprende una scena altamente emotica: il ragazzo a sinistra, un rifugiato a Ramadi che non avrebbe mai dovuto e voluto essere in questa situazione, si impegna con coraggio verso la fotocamera di Saman, che incarnano gli effetti tangibili e tragici del potere di distruzione che l’uomo e’ capace di generare.

La citta’ di Ramadi in Iraq

Ramadi è una città situata in Iraq centrale, sulle sponde dell’Eufrate, circa 110 km ad ovest di Baghdad.

La citta’ di Ramadi e’  tristemente famosa per le diverse battaglie che qua si sono svolte, ma soprattutto per la piu’ recente, la Battaglia di Ramadi del 2015-2016.

Ramdi, conquistata dall’IS (o ISIS) nel maggio 2015, fu teatro di una battaglia, combattuta tra l’8 dicembre 2015 e il 20 gennaio 2016 tra le forze irachene e i jihadisti dell’ISIS.

Nell’Ottobre 2015, il Governo dell’Iraq comincio’ una progressiva offensiva per riprendere il controllo della citta’.

La battaglia per il controllo di Ramadi, vinta dal Governo Iracheno, viene considerata una delle più importanti nella guerra contro l’ISIS, soprattutto perché con questa battaglia il governo iracheno, sciita, avrebbe dimostrerebbe di poter ottenere vittorie militari anche nella provincia di Anbar, sunnita e storicamente di difficile gestione.

La battaglia per il controllo di Ramadi, nonostante le unità dell’esercito iracheno fossero numericamente superiori, si e’ mostrata molto complicata soprattutto perché i miliziani dell’ISIS hanno fatto grande uso di esplosivi di vario tipo, mietendo tante vite anche tra i tanti civili rimasti in citta’ durante la battaglia.

Nella foto, in triste ritratto della citta’ di Ramadi dopo la battaglia.

 

Categories
Attualità Prigioni Storie di Vita

KirK Odom, ingiustamente condannato per violenza sessuale e scagionato grazie alla prova del DNA

Nella foto, Kirk Odom a casa, circondata da fotografie di famiglia.

La storia di KirK Odom

Il 3 aprile 1981 Kirk Odom camminava vicino alla sua casa a Washington quando fu arrestato da un ufficiale di polizia. Odom non aveva fatto nulla. Era un 18enne che cercava di crescere la figlia Katrice, che aveva meno di un anno.

L’ufficiale tiro’ fuori dalla tasca un disegno di un nero non identificato e invitò Odom ad affermare che la persona del disegno era lui. “Ho detto,” No, non mi sembra”, ricorda Odom. L’ufficiale prese il nome e l’indirizzo dell’adolescente, prima che scappasse verso casa, pensando che tutto fosse finito. Ma non era la fine. Pochi giorni dopo Odom fu arrestato e accusato di un caso di stupro.

Due mesi prima una giovane donna era stata sodomizzata e violentata da un uomo, nel proprio appartamento, prima che questo scappasse con 400 dollari in Travel Checks. La vittima vide il violentatore solo nel buio, e il disegno fatto dall’ufficiale di polizia si riferiva a un generico maschio nero di “media carnagione”.

Odom, di pelle nera molto scura, aveva anche un alibi convincente: aveva dormito a casa della madre al momento dell’attacco.

Kirk Odom, il ritratto fatto dalla Polizia nel 1981
Kirk Odom, il ritratto fatto dalla Polizia nel 1981

Con tante incertezze e un buon alibi, Odom pensava che le autorità avrebbero presto avrebbero capito il loro errore e che l’incubo sarebbe finito in fretta: “Non pensavo che qualcosa sarebbe andato storto, perché non avevo fatto niente”, dice Odom.

Ma i procuratori avevano un capello, un singolo capello “nero” trovato sulla camicia da notte della vittima, che doveva provenire dal violentatore.

L’agente speciale Myron T Scholberg, dell’Ufficio federale, disse alla giuria che in qualita’ di esperto mondiale nella scienza della microscopia dei capelli, poteva affermare senza ombra di dubbio che quei capelli provenivano dalla testa di Odom.

Sulla base quel singolo capello, Kirk Odom fu accusato fu dichiarato colpevole e condannato.

La testimonianza di Scholberg: non era scienza

Il problema era che la testimonianza di Scholberg non era scientifica. Nel 2009, dopo che Odom aveva trascorso 28 anni di carcere, il Consiglio Nazionale delle Ricerche rilascio’ una relazione importante nella pratica dell’analisi forense negli Stati Uniti: in poche parole, non si puo’ dimostrare su base statistica o probabile la corrispondenza tra due campioni di capelli.

Kirk Odom, ingiustamente condannato e liberato grazie alla prova del DNA
Kirk Odom, ingiustamente condannato e liberato grazie alla prova del DNA

Dopo questa dichiarazione del 2009, la prova con la quale Odom era stato accusato, era un “pura fantasia”.

Solo dal 2012, a distanza di oltre 30 anni da quel terribile 1981, Odom che dal 2003 era in liberta’ vigilata, fu formalmente libero. Grazie all’avvocato Sandra Levick che fece riaprire il caso e che, grazie al test del DNA, riusci’ a farlo dichiarare innocente ecompletamente estraneo alla vicenda di cui era stato accusato.

Odom, che oggi è sposato, che ha avviato un’attività di rimozione chiamata Harriet & Kirk Moving Company e che ha ricostruito il suo rapporto con la figlia Katrice, dice: “Voglio solo continuare a raccontare la mia storia a chiunque la voglia ascoltare”, ha detto, “nella speranza che possa aiutare chi e’ ancora dietro le sbarre ingiustamente”.

Cosa direbbe a Scholberg se lo incontrasse? Odom, sorridendo, disse: “Penso che chiederei delle scuse.” Perche’ nessuno, dice gli ha chiesto scusa: non sono arrivate scuse da Scholberg, dai capi di Scholberg, dal laboratorio dell’FBI, dal direttore dell’FBI, dai procuratori, dal giudici, dal dipartimento di giustizia, dal presidente Obama. Purtroppo.

L’analisi del DNA come prova

La prima volta che il DNA è stato utilizzato come prova negli Stati Uniti è stato in Florida, nel 1987, nel processo di un rapitore serial. Testimone per la veridicità del DNA, uno scienziato delle MIT che  dichiaro’ alla giuria che il DNA aveva lo stesso grado di certezza delle impronte digitali.

Quando la prova del DNA fece chiudere il suddetto caso della Florida, nacque il connubio tra giustizia e scienza forense (ricordiamo che la Scienza Forense e’ La scienza forense è l’applicazione di tecniche e metodologie scientifiche alle tradizionali investigazioni di carattere giudiziario).

Due anni dopo la prima condanno con una prova del DNA, fu stata eseguita la prima liberazione sempre con la prova del DNA.

Da quel lontano 1987, i casi portati alla luce e risolti dalla genetica sono stati numerosissimi.

Possiamo definire l’analisi del DNA come una lente di ingrandimento speciale degli investigatori moderni, puntata su molecole microscopiche, che permette di risolvere rebus altrimenti impossibili: il DNA, la “carta di identità” che i killer lasciano sempre sulle armi o sulla scena del crimine.

In Italia, i casi piu’ noti che hanno avuto una risoluzione o che comunque hanno avuto un notevole impulso grazie all’esame del DNA sono:

  • l’omicidio di Yara Gambirasio, che attraverso l’esame del DNA viene attribuito a Giuseppe Bossetti.
  • il delitto dell’Olgiata, che avvenne il 10 luglio 1991 in una villa in zona esclusiva di Roma, vittima una nobildonna, la contessa Alberica Filo della Torre, che aveva 42 anni. Il caso è rimasto irrisolto per circa venti anni quando la prova del DNA ha identificato il colpevole in Manuel Winston, cameriere filippino, ex-dipendente della famiglia.
  • il caso Elisa Claps che scomparve misteriosamente a Potenza il 12 settembre 1993 e il cui cadavere fu stato ritrovato 17 anni dopo, il 17 marzo 2010, nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità di Potenza. Danilo Restivo, ultimo ad aver visto la ragazza e a lungo sospettato del delitto nonostante si sia sempre detto innocente, è stato incastrato da una perizia genetica compiuta da due ufficiali del RIS.
Categories
Animali Attualità Natura

Il Pangolino e il Contrabbando di questi Mammiferi

Un cucciolo di Pangolino Tricuspide o Pangolino Arboreo o Pangolino Bianco (Phataginus tricuspis) si aggrappa alla schiena della madre in una struttura in Florida. A soli 70 giorni, questo cucciolo di Pangolino è stato il primo esemplare cucciolo di Pangolino in Cattivita’.

Cos’e’ il Pangolino?

Il pangolino è un piccolo formichiere ricoperto di scaglie, che vive nelle zone tropicali di Asia e Africa. Oltre a essere a rischo per la perdita di habitat, è forse il mammifero più colpito dal traffico illegale
Il pangolino è un piccolo formichiere ricoperto di scaglie, che vive nelle zone tropicali di Asia e Africa. Oltre a essere a rischo per la perdita di habitat, è forse il mammifero più colpito dal traffico illegale

Il pangolino è un piccolo formichiere ricoperto di scaglie, che vive nelle zone tropicali di Asia e Africa. Oltre a essere a rischo per la perdita di habitat, è forse il mammifero più colpito dal traffico illegale: si calcola che negli ultimi dieci anni oltre un milione di pangolini siano stati commerciati illegalmente.

Il Pangolino è una buffa creatura dagli occhi teneri, dalla lingua lunga e che quando è spaventata si “trasforma” in una palla: un piccolo formichiere ed è ricoperto da un’armatura squamosa.

I pangolini, conosciuti anche come formichieri squamosi, sono gli unici mammiferi viventi a rappresentare l’ordine dei Folidoti.

Il traffico illegale di Pangolini

Ogni anno decine di migliaia di Pangolini vengono illegalmente contrabbandati. Tantissimi vengono introdotti clandestinamente in Cina dove sono impiegati nella medicina tradizionale e nella ristorazione.

Si stima che il Traffico di pangolini, i mammiferi piu’ comuni nel commercio internazionale,  sia di circa 20 miliardi di dollari. Date le ridotte dimensioni dell’animale, il traffico può avvenire “all’ingrosso”: nell’ottobre 2015 i funzionari doganali del Guangdong, nel sud della Cina, hanno sequestrato un carico di 414 scatole contenenti 2.764 carcasse di Pangolino congelate.

Quella che in natura è la forza del pangolino, la sua corazza composta da grosse squame cornee, dure e mobili che lo protegge dai predatori, può essere la sua condanna. Le squame sono infatti un ingrediente pregiato nella medicina tradizionale cinese. Il loro prezzo è cresciuto vertiginosamente, nel 1990 un chilo costava 14 dollari, oggi è ne costa ben 600. Inoltre:

  • Si ritiene che le sue squame cornee abbiano proprietà curative e la medicina tradizionale rimane il maggior nemico dei pangolini: rimanendo in Cina, il governo cinese tutela ospedali e compagnie farmaceutiche che ricorrono a sistemi di cura che utilizzano il pangolino, rendendosi cosi’ complice del loro sterminio; rimane ad ogni modo poco chiaro come queste strutture possano acquistare parti di pangolino quando il commercio è di per sé illegale. Le scaglie sono impiegate nella medicina tradizionale perché ritenute efficaci contro un’ampia gamma di malattie, dai reumatismi agli eczemi fino al cancro e all’impotenza.
  • Anche la carne è considerata una prelibatezza. Viene impiegato anche come alimento nei ristoranti, soprattutto in Cina. Una carcassa di pangolino può costare fino a 1.000 dollari. In particolare i feti sono considerati una prelibatezza.

 

Categories
Animali Mare

Lo Squalo Pinna Nera: Squali pinna nera attendono nel tepore dell’acqua bassa che la marea riempia la laguna dell’atollo di Aldabra

Squali pinna nera attendono nel tepore dell’acqua bassa che la marea riempia la laguna dell’atollo di Aldabra – fotografia di Thomas P. Peschak, Miglior Foto 2016

Tipi di squali Pinna Nera

Esistono due tipi di squalo pinna nera:

  • Lo squalo pinna nera del reef (Carcharhinus melanopterus), una specie di squalo che appartiene al genere Carcharhinus ed alla famiglia Carcharhinidae. Viene spesso confuso con lo squalo orlato (Carcharhinus limbatus).
  • Lo squalo orlato o squalo pinna nera minore (Carcharhinus limbatus), uno squalo di grandi dimensioni, che vive in prossimità delle piattaforme continentali ed insulari dei mari tropicali e temperati caldi di tutto il mondo. Viene spesso confuso con il Carcharhinus melanopterus o squalo pinna nera del reef.

Lo squalo pinna nera del reef, può essere facilmente identificato per le vistose chiazze nere all’estremità delle pinne. Si tratta di una delle specie più diffuse nelle barriere coralline delle zone tropicali degli Oceani Indiano e Pacifico e predilige le acque poco profonde e sotto costa, al punto che non e’ difficile vedere la sua prima pinna dorsale emergere dall’acqua nei luoghi sopra citati.

Si tratta di una specie molto schiva. Può vivere sia nelle acque molto basse delle lagune sia al margine esterno del reef, dove è solito pattugliare da solo o in piccoli gruppi.

Lo squalo pinna nera puo’ raggiungere una lunghezza massima di circa 2 metri e può partorire fino a 6 piccoli alla volta. Si ciba di piccoli pesci e crostacei che stana dai nascondigli.

Lo squalo e’ pericoloso per l’uomo o e’ l’uomo ad essere pericoloso per lo squalo?

Lo squalo infatti ha fama di essere un feroce predatore, sempre alla ricerca di cibo, ma la realtà è ben diversa.

E’ l’uomo ad essere ogni anno responsabile dell’uccisione di milioni di squali: molti di questi fanno parte delle “catture accidentali”, ovvero vengono catturati indistintamente da strumenti di pesca calati in mare per pescare altre specie.

Molti squali sono catturati soltanto per il taglio delle loro pinne – anche detto Finning – purtroppo ancora oggi considerate prelibate in alcune zone del Pianeta. Dopo il taglio delle pinne, gli animali agonizzanti sono rimessi in mare dove troveranno la morte.

Categories
Animali Mare

Lo Squalo e il Surfista: Perché gli squali attaccano i surfisti?

Articolo del 23 Novembre 2013 – Alcune settimane fa il fotografo Thomas P. Peschak si fermò dagli uffici del National Geographic per mostrare il lavoro della sua prossima storia sulle riserve marine marittime sudafricane.

“Peschak, che ha studiato biologia marina, è grande appassionato di mare e di fotografia. Una volta, abbiamo cominciato a parlare del suo lavoro e non riuscivo a fermarlo”.

Una delle foto emblematiche del suo lavoro è una silhouette subacquea di un surfista e di un squalo che nuotano uno affianco all’altro.

“Ho voluto creare un’immagine che non trasmettesse conflitto. Volevo illustrare la realtà ma, allo stesso tempo, la minaccia che i surfisti sentono”, dice Thomas P. Peschak

Peschak conosce intimamente l’oceano e dice di poter leggere il comportamento degli squali altrettanto facilmente quanto una persona media può dire della differenza che c’e’ tra un barboncino che scodinzola la coda e un Rottweiler che ringhia mostrando i denti.

“Non sono animali pericolosi”, aggiunge. “Sono potenti, devi essere rispettoso e devi sapere cosa stai facendo. Se non sai dove sei e cosa stai facendo, allora sei in guai”.

Perche’ capita che gli squali attacchino le persone?

Bisogna sempre avere a mente che se gli attacchi di squalo scatenano un grande interesse mediatico questo è perchè, in realtà, gli episodi di attacco di squalo sono eventi assai rari. Nella maggior parte dei casi quindi, quando si parla di “attacco di squalo” bisognerebbe parlare di “morso da squalo”.

Nel caso di un morso da squalo, nella maggior parte dei casi, gli squali non mordono le persone ripetutamente o con cattiveria. Ma, poiché hanno muscoli delle mascelle potenti e denti molto affilati, ogni morso può causare notevoli danni ai tessuti dell’essere umano.

Ad ogni modo, gli squali non sono mangiatori di uomini e l’uomo non rientra nella dieta di uno squalo. La maggior parte degli attacchi da squalo, o come abbiamo visto in precedenza, di morso da squalo, avviene per errore: nel momento in cui effettuano il primo morso capiscono subito che la carne dell’uomo non è la loro preferita e lasciano quasi immediatamente la preda che, al massimo, muore dissanguata.

Perché una buona parte degli attacchi avviene verso i surfisti?

La risposta e’ semplice e basta guardare la foto oggetto di questo articolo: vista dal basso verso la superficie, la sagoma di un surfista si confonde facilmente con la sagoma di una foca, la preda per eccellenza dello squalo.

Categories
Animali Natura

Il Fulmine e le Gru, di Randy Olson per National Geographic, Miglior Foto 2016

Fotografia di Randy Olson, National Geographic, Miglior Foto 2016

Una tempesta serale illumina il cielo vicino al fiume Wood, nel Nebraska, dove circa 413.000 gru di sandhill (una razza di uccelli) arrivano per dissetarsi nelle acque del fiume Platte -Foto di Randy Olson, Luglio 2016

Le Parole di Randy Olson sulla sua foto

“Ho scattato questa foto nella mia ultima notte dell’ultimo giorno di questo lavoro. Stavo lavorando su una storia sull’ Ogallala Aquifer, vicino al Wood River, nel Nebraska. Quella zona è uno dei pochi posti in cui le Gru di Sandhill si fermano durante la loro migrazione.

Alle gru piace mangiare, riposare e dormire in acque poco profonde. Questo è un posto ideale per loro. Quella sera c’erano un numero incredibili di gru, un numero mai contato prima di allora, ben 413.000.

Di solito fotografavo le gru al mattino perché era il momento in cui, al sorgere del sole, solitamente volano via. Quella volta, all’improvviso, arrivo’ una tempesta: fulmini ovunque, proprio dietro gli uccelli. Ho messo la fotocamera su un treppiede e ho iniziato a fare fotografie sequenziali a distanza di 30 secondi l’una dall’altra. Con una di queste foto, sono riuscito a fotografare allo stessotempo il fulmine e tutti gli uccelli che cominciavano a volare o che volavano.

Non avevo mai fotografato questi uccelli davanti ad un fulmine, anche se in passato avevo dedicato tanto tempo a fotografare il mutare delle condizioni del meteo. Spesso, prima che il cielo scarichi un colpo di fulmine, vedi un leggero bagliore. Quando poi il fulmine colpisce, sembra che esploda dal suolo.”

Il lavoro di Randy Olson è descritto nel numero uscito nell’agosto 2016 sul National Geographic Magazine.

Categories
Attualità Malattie

Due abitanti della regione indiana del Sundarbans durante un esame della vista

Sundarbans, India, 11 gennaio 2016: Il dottor Asim Sil guida una squadra di specialisti di oculisti in uno studio allestito su una barcain una parte remota del Sundarbans, in India – Foto best 2016 National Geographic, Foto di Brent Stirton / Reportage per National Geographic Magazine.

Questa è una delle foto dell’anno per la rivista National Geographic.
La condividiamo con l’augurio che nel 2017 i casi di cecità curabile possano ridursi drasticamente, in tutto il sud del mondo.

“Due abitanti della regione indiana del Sundarbans durante un esame della vista. Una squadra di oculisti, guidata dal dottor Asim Sil, raggiunge in barca questa zona isolata sul delta del Gange per contribuire a ridurre i casi di cecità curabile, che in India sono oltre 8 milioni.”

Il lavoro del dottor Asim Sil

La barca su cui e’ stato allestito questo studio oculistico, sono spesso utilizzate in collaborazione con altre ONG, al fine di offrire delle strutture sanitarie utilizzate per la diagnosi e la cura degli occhi in villaggi estremamente poveri nella regione del Sundarbans.

Il team del dottor Sil usa per l’appunto queste imbarcazioni per raggiungere questi luoghi a volte sperduti.

Questi medici lavorano spesso dalla prima mattina fino a tarda notte in modo da poter garantire a tuttila possibilita’ di poter avere un’adeguata assistenza sanitaria per gli occhi.

L’obiettivo della troupe del dottor Asim Sil è quello di:

  • educare le persone alla cura dei propri occhi.
  • donare gli occhiali a coloro che ne hanno necessita’.
  • diagnosticare problemi degli occhi e offrire soluzioni chirurgiche ai pazienti che ne hanno bisogno, incluso il trasporto negli ospedali.

Questi servizi sono forniti gratuitamente dall’ospedale Vivekananda Mission Asram. Il dottor Sil lavora in queste zone remote del Sundarbans dal 1989 e insieme alla sua squadra ha servito migliaia di pazienti.

A causa di un alto indice di povertà, il fatto che queste zone sono cosi’ remote, e la mancanza di strutture oculistiche adeguate, hanno fatto divenire l’India il Paese con il maggior numero di persone cieche del Mondo.

La maggior parte di queste persone divenute cieche, avevano problemi che, se diagnosticati per tempo, sarebbero stati facilmente curabili.

 

Categories
Guerra

Foto di “Cadetti” nelle più importanti accademie militari europee

Ritratti di cadetti nelle più importanti accademie militari europee. Terzo premio ritratti storie – Foto di Paolo Verzone per Agence Vu

18 dicembre 2013 – Koninklijke Militaire Academie (Royal Military Academy), Breda, Paesi Bassi

Accademia Navale Ellenica, Pireo Grecia - Cadetti di Paolo Verzone.
Accademia Navale Ellenica, Pireo Grecia

Ritratti di cadetti in alcune delle più prestigiose accademie militari europee. e’ questo il lavoro fotografico svolto da Paolo Verzone.

Con questo lavoro il fotografo ha voluto mostrare come le accademie militari di tutta Europa hanno mantenuto le vecchio tradizioni d’onore e di disciplina.

I giovani dirigenti in carriera sono istruiti in tutti i sensi, sia in materia di combattimento che in senso piu’ propriamente culturale.

Anche se queste accademie sono profondamente legate alle idee della nazione e della patria, nell’Europa odierna sono anche dei “ponti” che riescono a portarci oltre i confini.

Cadetti: Saper comandare con gli occhi

Tra gli elementi chiave del portamento di un ufficiale, c’e’ anche il saper comandare anche con gli occhi. questa e’ forse la prima cosa che si impara nelle scuole militari di tutta Europa. Per questo gli sguardi degli allievi sembrano così simili: dietro c’è la stessa tradizione, che da secoli forma i militari del vecchio continente. Prima di pilotare aerei, navi o carri armati; prima di guidare stormi, flotte o battaglioni, a questi ragazzi si insegna come conquistare l’autorità, come ottenere rispetto e imporre obbedienza.

Esposizione alla Rassegna Romana FotoLeggendo

Paolo Verzone ha esposto la sua raccolta “Cadetti” di foro alla rassegna romana Foto Leggendo, arrivata alla tredicesima edizione  in questo 2017.

Il reportafe di Paolo verzone, tra i vincitori del World Press Photo 2015coniuga con forza la documentazione con la cura e l’impatto estetico degli ambienti.